La geopolitica 4.0 conta più di numeri e bilanci e influisce, in maniera progressiva, sulle scelte e sulle relazioni degli Stati. Lo dimostrano le vicende legate al Mediterraneo, tornato centrale nello scacchiere mondiale dove da un lato, i riverberi degli accordi di Abramo e, dall’altro, la crisi energetica, stanno convogliando interessi e scontri.

Che la musica sia cambiata è verificabile attraverso alcuni esempi tangibili, visto che l’energia e le influenze hanno ormai sorpassato le classiche strategie legate a incassi e uscite. E’ il caso degli investimenti massicci sui gasdotti e sulla difesa: la Grecia, dopo aver ordinato 18 caccia Rafale dalla Francia e 3 tre fregate, adesso potrebbe chiedere alcuni F-35 agli Usa (non nel medio periodo).

La domanda che tutti si fanno è con quali effetti sui bilanci futuri, visto e considerato che solo da due anni il paese è tornato ad autofinanziarsi sui mercati dopo la crisi dell’euro e dopo la governance targata troika. La legge sulla difesa e il partenariato interparlamentare USA-Grecia del 2021 prevede un rafforzamento dei legami militari tra Washington e Atene: troppo critica la fase politica, economica e sociale in cui si trova la Turchia per poter proseguire, come fatto fino a ieri, con quell’alleato Nato. Questo il ragionamento che il Pentagono ha fatto ormai da quando, ufficiosamente, ha immaginato di avviare il progressivo disimpegno dalla base turca di Incirlik.

Semplicemente gli Usa hanno deciso di costruirsi un piano B (ovvero G, come Grecia) in caso di una Turchia che scivolasse sempre più verso alleanze con Russia, Iran e Cina. Esattamente ciò che si è materializzato nell’ultimo biennio.
Per cui la legge caldeggiata dai senatori Bob Menendez e Marco Rubio, nonché dai parlamentari Ted Deutsch e Gus Bilirakis, mira ad approfondire le relazioni strategiche tra Grecia e Usa, con un comma esplicitamente dedicato all’autorizzazione del Presidente degli Stati Uniti ad accelerare la consegna di eventuali futuri aerei F-35 alla Grecia.

Nel frattempo la Turchia, in buone relazioni con il Qatar, potrebbe decidere di addestrare la propria aeronautica con i caccia francesi della Qatar Emiri Air Force (QEAF) per contrastare l’aeronautica ellenica che ha aumentato le sue capacità con i Rafales di recente acquisizione. Pare che il Qatar potrebbe schierare fino a 36 aerei militari e fino a 250 persone in Turchia in base all’accordo militare dello scorso marzo. Per comprendere come sia mutato il ruolo della Grecia anche dal punto di vista militare e geopolitico è utile fare un passo indietro, al 1996, quando si verificò la crisi di Imia. Un momento dopo quella scintilla che poteva farsi rogo, vennero stanziati dal governo di Atene circa 28 miliardi di dollari, che però non rafforzarono realmente l’industria della difesa greca ma spesso solo intermediari e politici collusi, visto che il livello di sicurezza ellenico nei confronti della Turchia rimase basso.

Questa volta la Grecia ha chiesto alla NATO, all’UE e soprattutto agli USA di impegnarsi per iscritto nella difesa della sovranità e dei diritti sovrani, come dimostrano gli accordi raggiunti con Parigi e Washington.
L’accordo con gli Usa tocca direttamente il secondo elemento di questa nuova narrazione mediterranea, ovvero i gasdotti, in un momento in cui i prezzi salgono e la Russia chiude i rubinetti. Sul suolo ellenico ne transitano due, il Tap e il Tanap. Quando sarà ultimato, ci sarà anche l’Eastmed che da Israele giungerà in Salento. Si tratta del più lungo di sempre che evidentemente tocca interessi e relazioni di una miriade di paesi e non solo di quelli interessati dal suo passaggio (Israele, Cipro, Grecia, Italia oltre a Egitto e Turchia).

Per questo motivo gli Usa hanno massicciamente schierato mezzi e uomini in 4 basi greche e si preparano a privatizzare il porto di Alexandroupolis, che si trova in un settore considerato assolutamente strategico, tanto dalla geopolitica targata Nato quanto dal dossier energetico. Il porto è in prossimità delle Pipeline del Tap, dispone di un deposito di gas come nel vicino scalo di Kavala, è a due passi dal confine con la Turchia (sensibile anche per il tema migratorio), ed è di fatto l’anticamera che porta ad una nuova bretella molto cara alla Nato: la via Carpatia.
Si tratta di un corridoio in verticale che dalla Grecia giungerà in Lituania e che, verosimilmente, diventerà l’autostrada privilegiata dell’Alleanza Atlantica per attraversare in sicurezza tutti i paesi del costone balcanico sino all’estremità settentrionale.

Le truppe Nato, per intenderci, saranno sbarcate ad Alexandroupolis per poi proseguire il proprio cammino sulla Via Carpatia, così come Usa e Ue hanno fatto negli ultimi sei mesi in occasione di una serie di esercitazioni congiunte. I temi che si legano a questo nuovo scenario quindi sono i più disparati, come quello dell’allargamento a est dell’Ue, o quello del ruolo futuro della Grecia come gas-hub in un momento in cui l’Ucraina rischia di restare esclusa dal nuovo gasdotto russo-tedesco Nord Stream 2. E influiscono chirurgicamente su stanziamenti e capitoli di bilancio, senza alcuna marcia indietro dei Parlamenti.

@FDepalo

Fonte: Il Fatto Quotidiano del 26/12/2021

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *